Varcando il cancello di Casa Grazia, non ho semplicemente oltrepassato l’ingresso di una cantina, ma sono entrata in un luogo dove la storia, il profumo del legno e il silenzio custodiscono antichi segreti e tradizioni senza tempo.
Qui ho vissuto un’esperienza che va oltre il calice.
Cantine Aperte a Casa Grazia è stata un’immersione totale in un paesaggio unico, dove i vigneti abbracciano il Mediterraneo e il vino narra la storia di una terra antica. Una storia ricca di passione, di ritorni e di scelte coraggiose. A Casa Grazia nulla è lasciato al caso. Ogni scelta nasce da una visione chiara: valorizzare il territorio senza mai snaturarlo, unendo tradizione e innovazione in un equilibrio fatto di radici profonde e idee coraggiose.
Casa Grazia nasce nel 1998 come azienda agricola, frutto di un amore profondo per la terra. Il protagonista è Angelo Brunetti, un uomo cresciuto tra filari e ulivi, che la vita ha portato lontano – nel mondo della metalmeccanica – ma che non ha mai davvero lasciato il cuore della Sicilia e la passione per il suo territorio. Infatti, ogni volta che, dopo lunghi viaggi di lavoro, tornava a casa, investiva i suoi guadagni sulla terra, acquistando diversi appezzamenti e regalandoli a sua moglie, Maria Grazia, la quale prendendosi cura dei vigneti, si riscopre una donna del vino. Fu così che decisero insieme di dare vita alla loro azienda.
Nel 2005 viene commercializzato il loro primo vino: un Nero d’Avola che ancora oggi rappresenta l’essenza stessa della loro identità.
Ma è nel 2016 che si ha una svolta importante: la famiglia Brunetti acquista la sua prima tenuta. Un luogo carico di memoria: la storica residenza del Ministro Salvatore Aldisio, uno dei padri fondatori dello statuto speciale della Sicilia. Il quale, alla sua morte, lascia la tenuta ai salesiani, con un vincolo morale ben preciso: destinarla al lavoro, alla formazione dei giovani e alla valorizzazione del territorio. E così è stato per decenni. Fino a quando, nel 2016, la tenuta viene messa in vendita e la famiglia Brunetti non esitò ad acquistarla; iniziando così un lungo lavoro di restauro conservativo.


A pochi passi dal mare e dal Lago Biviere, le vigne crescono in equilibrio tra natura e visione, seguendo il ritmo della terra, ma con lo sguardo rivolto all’innovazione.
Accanto ai vigneti più maturi, piantati oltre 17 anni fa, c’è uno degli appezzamenti più giovani che è oggi fonte di dinamismo e sperimentazione. Qui nasce una delle sfide più audaci della cantina: l’inserimento del Traminer. Vitigno originario del Trentino, abituato a climi freschi, che raramente si spinge così a sud. Ma in questo contesto, grazie alla ventilazione naturale e all’attenzione agronomica, il Traminer ha trovato una sua dimensione, diversa, ma sorprendente. Non viene vinificato in purezza, ma utilizzato in blend con Grillo e Moscato per dare freschezza e aromaticità.
A Casa Grazia, ogni vino nasce da un’idea ben precisa, raccontare qualcosa: un paesaggio, una stagione, una visione.
Il loro approccio è interamente biologico. La fortuna di trovarsi in una zona naturalmente ventilata permette alle piante di asciugarsi rapidamente dopo la rugiada notturna, riducendo l’incidenza delle malattie fungine. La potatura verde viene eseguita con precisione: ogni tralcio viene selezionato in base alla resa qualitativa, le foglie contenute per evitare l’ombreggiamento e per favorire la fotosintesi e l’accumulo zuccherino, fondamentale per l’equilibrio e la struttura dei vini.
La vendemmia, che comincia già intorno alla seconda metà di luglio con il Traminer, viene svolta a mano, ogni grappolo viene scelto quasi fosse un frutto prezioso da cullare fino alla nascita. Ed è proprio così che parlano della cantina: “come di una donna in dolce attesa”, che custodisce i vini con amore e pazienza fino al momento giusto. Le barriques di rovere francese, paragonate a vere e proprie culle, accompagnano l’evoluzione dei rossi più importanti – Nero d’Avola, Syrah, Cabernet Sauvignon – e del Cerasuolo di Vittoria, prodotto solo nelle annate ritenute davvero speciali (al momento 2019 e 2021).
Durante la giornata, ho avuto il piacere di degustare 4 delle loro etichette.
Euphorya: già al primo sorso, mi sono trovata immersa in un’esperienza sensoriale che andava oltre il semplice assaggio. Questo spumante rosé Brut, ottenuto da uve Frappato in purezza, si presenta con un colore salmone brillante e un perlage fine e persistente. Al naso, sprigiona note di melagrana e frutti autunnali; invece, al palato conquista con freschezza, eleganza e una piacevole sapidità.
Tra Dune Bianco: blend di Grillo, Moscato e Traminer, esprime al meglio l’essenza della Sicilia. Al naso, si presenta con piacevoli note floreali e fruttate; al palato è elegante e armonico, caratterizzato da un’acidità naturale che vivacizza il sorso e ne amplifica la profondità, il carattere, la freschezza e sapidità.
Laetitya: per me è stata una grande scoperta. Un rosso con un bouquet complesso di frutti rossi freschi, come amarena e melagrana, arricchito da delicate note floreali di rosa e violetta. Al palato, si presenta morbido, sapido, equilibrato, spicca per freschezza, eleganza, finezza e persistenza, regalando un’emozione unica ad ogni sorso.
Tra Dune Rosso: al naso sprigiona sentori floreali di rosa, frutti rossi, lamponi, ciliegie e ribes, accompagnati da note erbacee e speziate. Al palato, si presenta di corpo pieno ed equilibrato, con tannini ben arrotondati e una persistenza aromatica intensa che richiama l’autenticità del territorio.

Degustando questi vini, ho compreso che per questa famiglia, il vino è un linguaggio, un mezzo per raccontare la bellezza del territorio che li ospita.
In ogni bottiglia si sente l’impegno della famiglia Brunetti, che ha scelto di investire in questa terra, di restare, di creare valore con amore. Lavorare a contatto con la natura insegna l’essenziale: il rispetto, la pazienza, la perseveranza. Insegna che se non ti prendi cura della pianta, la pianta non ti restituisce nulla. Ma se la accudisci, se la ascolti, lei ti dona il meglio di sé.
Il vino nasce così: dal sacrificio di tante mani, dalla fatica silenziosa di chi lavora in vigna, dalla capacità di aspettare il momento giusto. Dietro ogni etichetta c’è una storia, una vendemmia, una scelta. C’è il desiderio di offrire un’opportunità ai giovani, trasmettendo loro non solo un mestiere, ma una visione del mondo.
Casa Grazia è questo: un luogo dove il vino non si limita a riempire un calice, ma diventa strumento di narrazione, di identità, di speranza. È la prova che si può restare e costruire valore. Che il vino può essere veicolo di memoria, di educazione e di futuro. Che le radici non sono catene, ma trampolini.
“Basta davvero poco per rendere qualcosa di unico, perché abbiamo nelle mani qualcosa di prezioso che a volte non sappiamo valorizzare” – sono le parole di Martina Casciana, e racchiudono il senso profondo dell’esperienza Casa Grazia.
A fine giornata, mentre lasciavo Casa Grazia, ho sentito che qualcosa mi era rimasto addosso. Non era solo il profumo del vino, né il vento caldo che attraversa le vigne. Era qualcosa di più profondo: la passione autentica che questa famiglia mette ogni giorno nel proprio lavoro.
Mi ha colpita vedere come tutto – dal modo in cui parlano delle piante, alla cura con cui raccontano la storia della tenuta – sia mosso da un fortissimo senso di appartenenza, dalla volontà di non dimenticare le proprie radici, ma anzi di farle crescere, stagione dopo stagione.
È un luogo in cui il passato viene custodito con rispetto, e il futuro viene costruito con coraggio. Dove il vino diventa tradizione che si rinnova, sacrificio che si trasforma in bellezza.
Ed è questo che mi porto a casa: la certezza che, quando dietro a un bicchiere c’è così tanta verità, allora sì, il vino sa davvero raccontare una storia.